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La prima volta che vidi Gianluigi Saltini fu 30 anni fa,sapevo da tempo che un giovane ragazzo avrebbe rimpiazzato uno dei suoi fondatori del saloncino di barberia che io frequentavo.
allorchè me lo presentarono di lui mi colpirono due cose: la luminosità del sorriso e una grande timidezza per quanto ben celata; ben presto imparando a conoscerlo mi resi conto che quel ragazzo era attraversato da una tenacia e da un impegno professionale altissimo, il tutto intriso di una umiltà e voglia di conoscere che sono i segni tipici del chierico che nel tempo diventerà un maestro.
Cosi fu e tutto ciò sfociò in una partecipazione al Campionato Mondiale d’acconciatura, dove ottenne un brillantissimo 3′ posto.
Col tempo si sa dal barbiere si chiacchiera ,diventammo amici e la nostra conversazione verteva sempre più sugli aspetti curiosi e a volte poco conosciuti della mia professione di allora: facevo il mercante d’arte e in più amavo profondamente la pittura.
Gianni nutriva a sua volta una gran passione per la pittura , e allora una profusione di domande : chi erano i miei artisti preferiti ,perché amavo quegli artisti, cosa mi piaceva di loro, quale emozione mi davano, cosa vedevo in Ernst, De Chirico, Morandi, Balla, Giacometti , Munch, Mirò, perché Picasso era un grande? e così via gli impressionisti, i Fauves, i grandi del Rinascimento, Caravaggio, Guido Reni, e poi tutti coloro che usando il segno e il colore parlavano al mondo , alle persone , di se stessi ,della vita dell’uomo ,del suo mistero e delle sue emozioni.
Lo aspettavo al varco e così fù.
Un giorno mentre mi faceva la barba con la sua usuale professionalità ,la rivelazione : si era inscritto ad un corso di pittura; era troppo forte la passione e il nostro uomo aveva bisogno di capire di fare, di essere, tratto tipico dei Modenesi.
Il suo maestro era Ermanno Vanni, un grande artista poco valorizzato e mai sufficientemente riconosciuto per il suo stile di vita un po’ , maudit e un po bohemien.
L’ incontro con Vanni fu importantissimo,Ermanno conosceva la forma Eletta ,tutte le tecniche pittoriche e il professionista Gianluigi le assorbi tutte con il solito impegno; cosi nacquero le sue prime opere, i suoi primi quadri e io li vedevo quasi sempre per primo; vedevo crescere e aquisire spessore e consistenza , quella pittura che si stava rivelando sempre più la grande passione della vita di Gianluigi Saltini.
Squarci di luce e di colore, forme raffinate, geometrie possenti, e in tutto ciò si rivelava un desiderio profondo di crescere, di comunicare ancor più liberamente la propria visione della vita; il colore che diventa emozione, il sogno che diventa linguaggio della comunicazione umana .
Finalmente Gianluigi aveva gli strumenti dell’artista pittore, padronanza del segno e del colore .
In pochi anni si consumò il suo apprendistato, poteva finalmente parlare attraverso la sua pittura .
Questa crebbe sempre più con alternanza di stili a tratti, affiorava nei suoi dipinti qua e là il dolore di Giacometti, il segno di Mirò, la lucida consapevolezza materica di Burri, a volte Mondrian e Reggiani.
Poi progressivamente con un movimento di crescita a volte anche furioso, ma sempre caldo e appassionato, sentito e amato, pagato con lunghe ore di sacrificio al cavalletto dopo una dura giornata di lavoro e spesso anche a discapito del tempo riservato alla famiglia
tutto è sfociato nel suo stile e nella sua pittura di oggi .
I quadri che voi vedete su questo libro, sono la pittura che io definisco del LABIRINTO e della MATERIA.
Perché il LABIRINTO?
Il labirinto è un mito che da sempre appartiene all’uomo e rito iniziatico che tutti noi dobbiamo prima conoscere e poi consumare per rinascere per vivere e andare oltre i modelli che ci anno insegnato senza rinnegarli, trovare il nostro sé ciò che noi siamo veramente dentro i grovigli e il caos delle nostre pulsioni primitive, lo stesso groviglio che emerge da quelle linee che si attorcigliano fra loro, è il nodo gordiano che ciascuno di noi si trascina dentro e che dovrà scioglierli c’è il labirinto, lì c’è anche l’uomo e la donna, la vita, perché lì c’è il filo d’Arianna, la possibilità afferrandolo e prendendolo in mano, di rinascere, vivere, amare.
Questo dice e rappresentano simbolicamente molte opere di Gianluigi, questo è un grande tema per l’uomo, di cui offre la sua lettura, la sua interpretazione da pittore, d’artista appassionato che vuole vivere e condividere con noi attraverso questo dialogo caldo aperto generoso.
L’altro momento della pittura di Gianluigi, quello che io chiamo della materia, discende da Burri, uno dei più grandi maestri ‘900.
Perchè della materia?
Il nostro tempo ha una ricchezza di mezzi sconosciuta ai nostri padri, quei mezzi sono molta parte della nostra vita, sono l’essere portante del nostro quotidiano; e allora perché non guardarli con occhi diversi prima di abbandonarli, perchè non elevarli alla nobiltà espressiva dell’arte.
Guardiamoli con altri occhi: sono la nostra vita, e l’arte è vita.
Ecco con queste poche parole, io ho cercato di parlarvi di un ragazzo modenese che con umiltà, passione, spirito di servizio e tenacia è diventato un artista un pittore.
Presentazione a cura di SOFFRITTI VITTORIO