Per alcuni l’arte è semplice esperienza visiva, se non un sapiente esercizio imitativo della realtà, resa puntualmente oppure per via d’astrazione; Per altri essa vive di concettualità legate alla provocazione del momento, od è pensata per seguire od indurre mode o tendenze di profilo squisitamente commerciale. Per quanto mi riguarda vivo l’arte come momento catartico di intensa partecipazione emozionale. Mi appare come un mezzo per raggiungere piani superiori della coscienza, un’ascesi rivolta ad un ricongiungimento cosmico. Le immagini si palesano come in una danza tribale attorno ad un fuoco sacro perennemente apportatore di luce. Esse rendono sensazioni che definirei primordiali perché legate all’istinto, che piega la ragione ed il mero calcolo a vantaggio dell’alchimia e del mistero. Nel momento del fare artistico retto da segno, forma e colore, mi consegno alla dimensione eterea dei sogni, ne attraverso lo spazio mentale il tempo conosciuto, per viaggiare in luoghi sempre nuovi, infiniti, pluridimensionali e sconosciuti, un multiverso da svelare per renderne visibile la vivacità emozionale. Qui prevale l’istinto come punto focale di riferimento, bussola che orienta il viaggio, vi da senso e lo rende possibile. L’opera emerge a poco a poco attraverso un percorso complesso di compimento che non di rado si dilunga per mesi. Si tratta di un’estrinsecarsi e sedimentarsi strato su strato, per pervenire ad una lenta ma continua ascesi atta a trasformare l’immaginario rendendolo conoscibile. Nasce il dipinto inteso come viaggio mentale, oltre le frontiere conosciute fra cosmo e micro cosmo, col fine d’esplorare vie inedite ricche di novità stilistiche e compositive, oltre che di parallelismi psichici se non filosofici. Con tale incedere l’opera diviene inscindibile dall’autore, consentendo all’osservatore di condividerne e compenetrarne l’essenza estetica o forse la morale.